A soli 3 minuti di navigazione l’unica isola del lago Maggiore (“isulin” per gli angeresi) situata in territorio lombardo; l’approdo alla spiaggetta sabbiosa per un bagno o una visita è consentito dal solo lato meridionale.
Sull’Isolino Partegora vi è la tomba di Sant’Arialdo, chierico fondatore del movimento chiamato “Pataria” fatto barbaramente trucidare nel 1066 dc dal “LUPO” (il vescovo da Velate) e dalla “VOLPE” (Olivia de Vavassori sua concubina).
Accanto all’isolino, sul lato ovest, è opportuno prestare attenzione al masso erratico sommerso “Sass Margunee”, così chiamato perché quando affiora è segno di siccità e quindi di scarso raccolto del “margun” (granoturco) – “Quando mi vedrete piangerete” fu inciso sopra da un pescatore. Vd. Leggenda del sass Margunee.
L’Isolino Partegora, ricordato anche da Italo Calvino nelle fiabe italiane è meglio noto per un importante scoperta scientifica: qui nel 1776 Alessandro Volta, rovistando nella palude a nord dell’isola, notò la fuoriuscita dalla melma di bolle di gas delle quali in seguito a vari esperimenti riuscì a provocarne la combustione. La chiamò “l’aria infiammabile”, oggi metano.
Dal lato non navigabile, il piccolo golfo dell’Oasi della Bruschera, una zona protetta che vanta una superficie di circa 250 ettari e uno degli ultimi esempi di foresta allagata della Lombardia.
Mediante un percorso su sentieri sterrati immersi nella vegetazione autoctona è possibile raggiungere il cuore del sito dove non è raro avvistare le tartarughe ed i gamberi d’acqua, l’airone, il martin pescatore, lo svasso, il germano reale ed altre specie stanziali e migratorie – prestare attenzione ai cinghiali.
Rivolgendo lo sguardo a nord non passa inosservata la Rocca di Angera, fortezza all’interno della quale di possono visitare meravigliose sale storiche ed il museo del giocattolo più grande d’europa.
Di fronte ad Angera, nella città di Arona, la Statua di San Carlo, colosso di circa 35 mt dal quale si può godere del notevole panorama risalendo la scala a chiocciola e la ripida scala marinara al suo interno.
A circa 25 min di navigazione, abbarbicato su uno strapiombo di parete rocciosa a picco sul lago, l’eremo di Santa Caterina del Sasso risalente al XII secolo (S.Messa tutte le domeniche alle ore 16:30).
A 35 min le Isole Borromeo, mentre a 1 ora, sponda piemontese, i Castelli di Cannero, costruiti tra l’XI e il XII secolo ed abitati verso la fine del XIV secolo dai fratelli Mazzarditi, leggendariamente responsabili di scorribande piratesche in tutto il lago.
Il Motto della forca è così chiamato perché si narra che negli anni ‘800/’900 in questa zona venissero fatti impiccare i briganti sorpresi ad assalire i viandanti sulla vicina strada Ducale.
In quegli anni (1858) nelle vicinanze era operante “l’ipposidra”, ferrovia a trazione animale, sostitutiva del trasporto a vela voluto da Carlo Cattaneo.
La merce che con pigro veleggiare arrivava a Sesto Calende, veniva caricata su barche idonee a scendere il Ticino distinte in:
CAGNONI 24 mt per 4,76 munite di casotto coperto, con portata di 34.000 kg e immersione di 0,78; BORCHIELLI o borcielli 24 metri per 4,30 co portata 30.000 kg , CORMANE e BARCHE CORRIERE più piccole e capaci di 60 persone e piccole merci e CAVRIOLI utilizzate per riportare a Milano, Pavia o a Pontelagoscuro cavalli e garzoni che avevano trascinato controcorrente le barche.
Le barche affidate a Sesto dal mercante ad una guida detta “parone” venivano guidate fino a Tornavento lungo le rapide o ramme del Ticino: la Miorina, il Legurat, la Lanca, la Cavalazza, il Ramm, l’Asnino ed il Panperduto; poi, lasciando lo sperone a destra si proseguiva per il Naviglio, a sinistra per la “Bocca di Pavia”.
La rocambolesca discesa da Sesto a Tornavento dura 90 minuti toccando sulle rapide le 20 miglia all’ora, da 7 ore ad 1 giornata da Sesto C. a Pavia, 5 giorni da Pavia a Pontelagoscuro, 25 giorni per il ritorno con poco carico e l’ausilio di cavalli e garzoni che si spostavano in parte sulla sponda opposta per combinare nel miglior modo la trazione.
Da Pavia al lago Maggiore circa 30 giorni con barche accoppiate e poco carico. Sempre al ritorno, da Milano a Tornavento prima della costruzione dell’alzaia nel 1824 – 44, si impiegavano 15 giorni, 25 cavalli e altrettanti garzoni – poi solo 3 giorni e la metà dei cavalli – Sesto – Milano – Sesto in 12 giorni dei quali più della metà per risalire le rapide – qui l’idea realizzare tra Tornavento e Sesto una ferrovia per il rimorchio delle barche.
Le barche estratte dalle acque a Tornavento venivano caricate su grandi carri di tipo ferroviario a 8 ruote e trainate dai cavalli su una via ferrata fino a Sesto C. – In caso di scarsità d’acqua le barche venivano alleggerite ed in occasione delle piene il traffico era sospeso. Il numero annuo delle barche al lavoro era di 5000 cagnone, 1400 burchielli e 400 barche più piccole.
In caso di affondamento il “parone “ porta un attestato verbalizzato dalla più vicina autorità locale comprovante l’avvenuto misfatto ed in vista del quale è esonerato da qualunque indennizzo.
Il numero dei cavalli previsto era di circa 120 e circa 120 uomini – il fatturato annuo di 365.000 lire austriache (oltre mezzo milione di euro attuale).
La regolarità dei trasporti consentì lo sviluppo economico della zona, invogliando i malfattori a frequentarla; loro malgrado finivano poi i loro giorni al Motto della forca.